Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori.
Luigi Pirandello
Uno, nessuno e centomila
E’ uno dei miei romanzi preferiti, Uno, nessuno centomila di Luigi Pirandello che lessi per la prima volta a 15 anni intuendone il significato sostanziale ma che ho apprezzato ancora di piu’ oggi che ne il doppio.
Per coloro che non hanno avuto il piacere di leggere questo libro…
La storia incomincia con un fatto banale.Vitangelo Mostarda, il protagonista si sente dire dalla moglie che il suo naso pende un po’ a destra.Lui è molto colpito dal fatto che la moglie gli riconosce un naso diverso da quello che egli ritiene di avere! Da quel momento la sua vita non è più la stessa, Vitangelo è costretto a constatare che anche gli esseri e non solo le apparenze, sono arbitrari.Non esiste un solo Angelo Mostarda ma tanti, almeno quanti sono gli esseri umani con cui egli viene a contatto. Non esiste un Io autentico e oggettivo e non si puo’ che prendere atto di questo “non essere” .
"Essere fedeli a se stessi!" Ma a quale se stesso? A quale dei tanti se stesso, che a ben guardare possono essere anche centinaia?
Identificarsi in una sola personalita’ e’ fonte di rigidita’:quanti ‘IO’ abbiamo dentro ognuno di noi? Pirandello diceva uno,nessuno,centomila.
Infatti la personalita’ e’ composta da vari IO.
L’ANALISI TRANSAZIONALE, teoria della personalità e psicoterapia sistemica elaborata da Eric Berne, afferma che la comunicazione interpersonale avviene tramite transazioni, ossia continui scambi e negoziazioni. Tra i concetti fondamentali vi è l’ipotesi che il comportamento umano si organizzi attorno a tre diversi stati dell’io, denominati Genitore, Adulto e Bambino, che si sono formati nel corso delle nostre esperienze vitali.
L’IO GENITORE
si forma a partire dall’infanzia, rappresenta la dimensione in cui riproponiamo stili di pensiero, emozioni e modelli di comportamento delle figure che quando eravamo bambini rappresentavano l’autorità: genitori, insegnanti,… E’ lo stato dell’io che fa riferimento a tutto quanto attiene alla sfera dell’amore, della morale, della norma, del dovere, della protezione, del giudizio.
L’IO ADULTO
si forma attraverso le esperienze direttamente vissute, è lo stato dell’io connesso al rapporto con la realtà, privo di sentimenti, incarna la dimensione della razionalità, che riceve input, informazioni dal genitore e dal bambino, li rielabora, valuta le migliori possibilità per giungere a soluzioni razionali.
L’IO BAMBINO
si forma a partire dall’infanzia, è la dimensione che riguarda la sfera della spontaneità, della creatività, della capacità di divertirsi, della ribellione, della intuizione.
IL COPIONE
Ognuno di noi ha un proprio copione che "interpreta" quotidianamente. Un copione psicologico e’ come un copione teatrale con trama, personaggi, ruoli, con un inizio e una fine.
Il nostro copione inizia con la nascita Intorno ai sette anni è quasi ultimato. Ciascuno di noi e solo noi potremo modificarlo, se lo vorremo, dall’adolescenza in poi con un percorso di crescita per diventare consapevoli e autentici ,per conoscere se stessi ed essere se stessi.
Il copione è una strategia che adottiamo da bambini per sopravvivere e per farci accettare dal mondo degli adulti.
E ora vi domando”Vi è capitato di notare in famiglia o in altri contesti alcuni litigi o transazioni che tendono a ripetersi con le stesse modalità, per le stesse motivazioni, con simili scambi verbali e non verbali tra i due litiganti? Avete mai avuto un’interazione nella quale voi e l’altro alla fine vi siete entrambi sentiti a disagio e avete detto a voi stessi una cosa del tipo: “Perché continua a succedermi questo?”, “Come mai è successo di nuovo?”, “Pensavo che lui/lei fosse diverso dagli altri e invece…”.
Se avete avuto un’interazione come questa è molto probabile che nel linguaggio degli analisti transazionali state effettuando un “Gioco”.
I Giochi impediscono i rapporti aperti, intimi e leali fra le persone; e tuttavia si gioca per occupare il tempo, attirare l’attenzione, rinforzare vecchie opinioni su sé e sugli altri e confermare una sensazione di fatalità. Si tende a “giocare” lo stesso tipo di gioco molte volte e si trova un proprio tornaconto unico (perché legato alla propria storia personale) che risulta essere la ripetizione di importanti situazioni incompiute del passato.
Come bloccare i Giochi? Prima di tutto è importante individuarli in tutte le sue caratteristiche e può risultare utile scrivere i passaggi che tendono a ripetersi; solo quando se ne ha consapevolezza è possibile non “agganciare” l’altro o non farsi “agganciare” dall’altro come succedeva di solito. Infine, ci si può chiedere come mai abbiamo avuto il bisogno, forse anche per un’intera vita, di produrre sempre gli stessi tipi di Giochi con le persone.
Entrare a contatto con questo impianto teorico di base aiuta a divenire consapevoli di molti aspetti della propria vita potendo dare delle risposte al perché mettiamo in atto determinati comportamenti, perché usiamo sempre certe frasi e perché proviamo quei sentimenti.
Uscire dal copione (o “chiudere lo spettacolo”) non significa sempre negarlo o allontanare da noi questo modo di essere, ma rivalutarlo come uno dei tanti modo a cui, coscientemente, ci adattiamo e non più come l’unico.
Scommetto che ognuno di voi desidererebbe essere l’attore cosciente del proprio copione e non un passivo spettatore!
Bibliografia
Luigi Pirandello, Uno, nessuno centomila, Einaudi Editore
Maurizio Castagna, L'analisi transazionale nella formazione degli adulti. Manuale ad uso dei formatori, Edizioni Franco Angeli