LA DISSONANZA COGNITIVA


Una stupida coerenza è l'ossessione di piccole menti, adorata da piccoli uomini politici e filosofi e teologi. Con la coerenza una grande anima non ha, semplicemente, nulla a che fare. Tanto varrebbe che si occupasse della sua ombra sul muro. Dite quello che pensate ora con parole dure, e dite domani quello che il domani penserà con parole altrettanto dure, per quanto ciò possa essere in contraddizione con qualunque cosa abbiate detto oggi.

Ralph Waldo Emerson

La dissonanza cognitiva è un concetto introdotto da Leon Festinger nel 1957 in psicologia sociale, e ripreso successivamente in ambito clinico da Milton Erickson, per descrivere la situazione di complessa elaborazione cognitiva in cui credenze, nozioni, opinioni elicitate contemporaneamente nel soggetto in relazione ad un tema si trovano a contrastare funzionalmente tra loro.
Interessante a questo proposito è l’esperimento che nel 1959 presso l’Università di Stanford, Festinger e Carlsmith presentarono per spiegare la loro teoria.
L’esperimento consisteva in questo: i ricercatori chiedevano ad un individuo per volta di prestarsi ad un esperimento particolarmente noioso, in cui dovevano fare movimenti lenti e monotoni roteando figure geometriche per circa un’ora; finito l’esercizio noioso chiedevano al soggetto sperimentale collaborare alla buona riuscita dell’esperimento, facendo credere al soggetto successivo (un complice) che l’esperimento appena svolto era particolarmente divertente. Chi si prestava, riceveva in cambio una ricompensa bassa (1 dollaro) oppure piuttosto appetibile (20 dollari).
Dopo l’esperimento, un intervistatore chiedeva al soggetto come era stato l’esperimento aldilà di quello che aveva detto al soggetto successivo. Sorprendentemente erano proprio coloro che avevano ricevuto un solo dollaro a minimizzare la noiosità dell’esperimento, parlando addirittura della “bellezza simmetrica dei movimenti degli oggetti cilindrici mossi ripetutamente sulla tavola”, sostenendo “che per la scienza si fa questo ed altro” e “di sperare che gli scienziati possano avere dei risultati significativi”. Alla fine la maggioranza degli intervenuti giudicarono l’esperimento come “moderatamente interessante”!. La teoria della dissonanza cognitiva spiega questo risultato: coloro che avevano ricevuto 20 dollari potevano pensare fra sé e sé “ho ingannato il prossimo solo in cambio di un compenso”. Coloro che avevano ricevuto un compenso insignificante invece non avevano questo alibi, si trovarono quindi con una conflittualità interna che chiedeva di essere risolta. L’unico modo era quello di modificare il proprio atteggiamento spiegando a se stessi che in fondo non era un compito così noioso; gli individui mirano alla coerenza con se stessi! In altri termini quando si presenta un conflitto tra pensieri, emozioni o comportamento, quelli in conflitto tenderanno a cambiare per minimizzare la contraddizione e il disagio che ne deriva.
La persona può infatti tollerare solo un certo numero di discrepanze tra questi componenti che formano la sua identità. Tenderà perciò a diminuire le cognizioni dissonanti, a rafforzare e aumentare quelle consonanti con una particolare scelta, visione del mondo o condotta.
Festinger riassume dicendo che «Se cambiate il comportamento di una persona, i suoi pensieri e sentimenti cambieranno per minimizzare la dissonanza».
Generalizzando la dissonanza può essere ridotta in tre modi:

.produrre un cambiamento nell'ambiente
.cambiare il proprio comportamento
.ambiare il proprio mondo cognitivo (cambiando opinione, atteggiamento, aggiungendo nuove informazioni, sfuggendo ad altre informazioni, ecc.)

Gli individui sperimentano una dissonanza essenzialmente in concomitanza con una decisione; la dissonanza, creando un disagio psicologico, costituisce una motivazione a cercare modalità per eliminarlo e tali modalità possono essere fondamentalmente o un cambiamento nel comportamento o una ristrutturazione cognitiva.
La condizione necessaria perché due elementi siano in relazione dissonante o consonante è naturalmente che siano pertinenti tra loro, che cioè sia presente qualcosa che li colleghi, che interagiscano tra loro e che abbiano significato uno per l'altro, anche se verificare una di queste condizioni o il suo contrario non sempre nella vita pratica è di facile attuazione.
Il momento in cui maggiormente si concretizza la relazione tra mondo interno ed esterno è quello in cui si prendono le decisioni.
La dissonanza è una inevitabile conseguenza delle decisioni ed in particolare quando:
ci si trova impegnati in un comportamento contrastante con le proprie opinioni o atteggiamenti, ci si trova di fronte ad un fatto compiuto, non vengono confermate le aspettative sulle quali si era finalizzata un'azione,si viene esposti a ad informazioni discordanti con le proprie, ecc.
Si è osservato che l'insorgenza della dissonanza è sempre legata ad un coinvolgimento personale molto stretto.
La teoria della dissonanza sottolinea che uno dei fattori che maggiormente influisce sulla nostra condotta quotidiana sia costituito dalle aspettative che ci costruiamo sia sul nostro comportamento sia sugli eventi che sembrano dover accadere nel mondo che ci riguarda. Questa proiezione sul futuro, fatta di previsioni che si collegano a quanto sappiamo di noi e delle cose che ci circondano, costituisce un importante elemento cognitivo che può produrre stati di dissonanza tanto maggiori quanto maggiore è l'aspettativa che viene delusa e quanto più grandi sono gli investimenti personali che avevamo collocato in quell'evento.
La dissonanza rappresenta senz’altro un utile costrutto per la comprensione di alcuni processi di cambiamento degli atteggiamenti ma vi sono condizioni in cui la dissonanza non sembra produrre effetti significativi e altre che ne limitano l’effetto. Il cambiamento di atteggiamento dipende non solo dalla dissonanza ma anche dalla possibilità di scegliere se impegnarsi o no nel comportamento, dagli incentivi e dalle conseguenze del comportamento stesso.
Questa capacità di adattare e sistemarci, spesso è utilizzata non solo per sentirci meglio con noi stessi, ma anche per allinearci alle convinzioni dei gruppi a cui apparteniamo senza sentire di sacrificare troppo le nostre credenze.
Forse, essere consapevoli almeno in parte di questi meccanismi ci può aiutare ad evitare di credere troppo alle bugie che diciamo a noi stessi.